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Il riscaldamento in condominio e le spese da ripartire

I metodi per suddividere i costi variano, ma la quota complessiva sui consumi volontari non può risultare inferiore al 50% della cifra totale

 

Dal 29 luglio 2020, con l’entrata in vigore del decreto legislativo 73/2020, l’applicazione della norma tecnica Uni 10200 per la suddivisione delle spese di riscaldamento nei condomini è diventata facoltativa, non più obbligatoria. Questa norma stabiliva i consumi involontari, definiti come “quota fissa”, sulla base dei cosiddetti “millesimi di riscaldamento”. I millesimi consideravano il fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, ovvero la quantità di energia necessaria affinché ogni appartamento mantenesse una temperatura interna costante (20 gradi centigradi, con una tolleranza di +2 gradi) durante il periodo di funzionamento dell’impianto.

 

La Guida Enea

La Guida Enea pubblicata nell’ottobre 2021 sulla ripartizione delle spese per i consumi di energia termica nei condomìni evidenzia che, confrontando i vari criteri di suddivisione dei costi relativi ai consumi involontari e alle spese gestionali totali, non esiste un metodo universalmente più efficace o preferibile.

Ogni criterio presenta specifici vantaggi che lo rendono più adatto in relazione alle caratteristiche degli edifici e al contesto in cui viene applicato. Il metodo basato sui millesimi di superficie risulta essere il più semplice e immediato da comprendere. Il metodo basato sui millesimi di potenza installata può rivelarsi particolarmente utile in presenza di appartamenti dotati di corpi scaldanti con potenze molto differenti a parità di superficie. Infine, il criterio dei millesimi di fabbisogno, grazie al suo maggiore livello di dettaglio, si presta meglio nei casi in cui gli appartamenti abbiano fabbisogni energetici significativamente diversi a parità di dimensione.

Tutti questi metodi possono essere adottati per la ripartizione delle spese relative ai consumi involontari e alle spese gestionali totali. Tuttavia, è l’assemblea condominiale, tramite voto a maggioranza, a decidere quale criterio applicare. Diversamente, le spese legate ai consumi volontari devono sempre essere distribuite in base al consumo effettivo, rilevabile tramite sottocontatori o ripartitori.

 

La quota totale

La normativa stabilisce che la quota complessiva riferita ai consumi volontari non può, per legge, scendere al di sotto del 50% delle spese totali. Questo principio è ribadito anche dall’articolo 9, comma 5, lettera d) del decreto legislativo 102/2014, che prevede la suddivisione dell’importo totale delle spese per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria tra gli utenti finali. In particolare, almeno il 50% di tali costi deve essere attribuito ai prelievi volontari di energia termica, rilevati attraverso sottocontatori o ripartitori. Questi strumenti registrano l’effettivo utilizzo del riscaldamento da parte di ciascun condomino tramite le regolazioni delle valvole termostatiche. Per quanto riguarda i consumi involontari, perlopiù derivanti dalle dispersioni di calore dell’impianto, l’assemblea condominiale può optare per una suddivisione basata su criteri come i millesimi di proprietà o “di riscaldamento”, i metri quadri o cubi utili, oppure le potenze termiche installate. In ogni caso, la quota dei consumi involontari non può mai superare il 50% del totale complessivo.

 

Chi abbandona il centralizzato

Secondo quanto previsto dall’articolo 1118, ultimo comma, del Codice civile, i condòmini che hanno deciso di disconnettersi dall’impianto centralizzato sono comunque tenuti a contribuire alle spese relative alla manutenzione straordinaria della caldaia comune, alla sua conservazione e all’adeguamento normativo. Nel caso di sostituzione della centrale termica, i condòmini distaccati, in quanto comproprietari dell’impianto sostituito, potrebbero essere chiamati a sostenere una parte delle spese. Inoltre, spetterà loro il pagamento pro quota degli oneri legati ai consumi involontari.

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