Un impianto occulto, anche in condominio su aree comuni, lede la dignità, la riservatezza e la libertà degli inquilini e dei loro ospiti, con possibili profili di responsabilità civile, amministrativa e penale
Il recente caso di cronaca accaduto all’Aquila, dove sono state scoperte microcamere nascoste all’interno di appartamenti affittati a studenti, ha riacceso il dibattito sulla problematica dell’installazione di dispositivi di videosorveglianza in contesti condominiali. L’indagine è partita grazie a uno studente che, notando un riflesso insolito nello specchio del bagno, ha sollevato sospetti su possibili interferenze illecite nella sfera privata. Le telecamere erano state collocate in appartamenti riconducibili a un unico individuo, lo stesso che le aveva posizionate anche nel garage, superando ogni limite imposto dai principi di finalità, pertinenza e minimizzazione previsti dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
Le regole in condominio
È fondamentale porre l’attenzione sulle distinzioni da considerare in merito ai diversi casi che possono interessare i condomìni. Nel caso in cui un sistema di videosorveglianza inquadri le aree comuni del condominio, il responsabile del trattamento dei dati è rappresentato dal condominio stesso, attraverso la figura dell’amministratore. Questa interpretazione trova conferma anche nelle Linee guida del Garante 2025, attualmente in fase di consultazione. Secondo tali linee guida, il condominio è tenuto ad assumersi pienamente la responsabilità nella gestione delle immagini, garantendo che il trattamento avvenga nel rispetto dei principi di liceità, necessità, proporzionalità e trasparenza.
L’installazione di telecamere sulle aree comuni di un condominio richiede necessariamente una delibera assembleare adottata secondo quanto previsto dall’articolo 1136, comma 2, del Codice Civile. Si tratta infatti di un intervento che influisce sia sulla gestione dei beni comuni sia sul trattamento dei dati personali dei soggetti interessati. Nell’assemblea devono essere stabilite le finalità del trattamento, l’angolo di ripresa, i tempi di conservazione delle immagini, le modalità di accesso e le misure di protezione da adottare. Una volta approvata la decisione, è compito del condominio predisporre un’informativa chiara, effettuare la valutazione del legittimo interesse, aggiornare il registro dei trattamenti e, nel caso in cui le telecamere riprendano aree soggette a transito continuo (come l’ingresso principale del condominio), si dovrà anche procedere con la redazione di una valutazione d’impatto sulla privacy (DPIA).
L’impianto interno all’abitazione
La situazione cambia quando un unico proprietario decide di installare telecamere all’interno della propria unità abitativa: è possibile farlo esclusivamente a condizione che l’impianto non riprenda aree comuni né individui terzi. Le riprese clandestine, come quelle emerse nel caso aquilano, sono invece considerevolmente illecite, sia dal punto di vista della privacy che da quello penale, configurando la fattispecie prevista dall’articolo 615-bis del Codice penale riguardante le interferenze illecite nella vita privata. Inoltre, qualora una telecamera privata catturi anche accidentalmente immagini di zone comuni, il proprietario assume il ruolo di responsabile del trattamento dei dati e sarà soggetto agli stessi obblighi che si applicano al condominio, come precedentemente illustrato.
Non è consentita la registrazione delle aree comuni senza l’approvazione dell’assemblea, né l’uso di microtelecamere nascoste all’interno di un appartamento in affitto per riprendere soggetti terzi senza il loro esplicito consenso. L’amministratore non può considerarsi estraneo al sistema di videosorveglianza se questo riguarda le parti comuni: è tenuto a rispettare gli obblighi previsti dal GDPR. Ciò include informare i soggetti interessati, adottare adeguate misure di sicurezza, prevenire accessi non autorizzati e, se necessario, segnalare eventuali irregolarità all’Autorità garante.
La gestione dell’anagrafe
Un elemento fondamentale riguarda l’installazione di telecamere non autorizzate nelle aree comuni, strettamente legata alla gestione dell’anagrafe condominiale. L’amministratore, in qualità di responsabile del trattamento dei dati, è incaricato della raccolta e conservazione delle informazioni relative agli occupanti degli immobili, che includono proprietari e locatari. Qualora le telecamere registrino immagini di terzi, come ospiti di brevi soggiorni, affittuari temporanei o visitatori, è necessario che l’amministratore verifichi l’esistenza di una base giuridica valida per il trattamento, fornisca un’informativa adeguata e garantisca che la sorveglianza sia proporzionata alle esigenze giustificate. Le nuove Linee guida sul trattamento dei dati personali in ambito condominiale, pubblicate per consultazione dal Garante per la protezione dei dati personali il 10 aprile 2025, sottolineano che non è consentito raccogliere o conservare dati relativi a soggetti occasionali o ospiti temporanei, salvo che ne sussistano motivazioni valide. Inoltre, tali documenti ribadiscono che la videosorveglianza delle aree comuni deve essere circoscritta alle necessità direttamente connesse alla gestione del condominio.
Nell’analisi della legittimità dell’impianto installato dal condominio, risulta fondamentale valutare l’equilibrio tra l’interesse legittimo alla sicurezza e il rispetto dei diritti e delle libertà delle persone coinvolte. Le Linee guida 2025 sottolineano l’importanza di limitare le riprese delle telecamere alle sole aree strettamente necessarie, oltre a prevedere una conservazione delle immagini circoscritta a un periodo di tempo ragionevole. In numerosi contesti, soprattutto quando sussiste un elevato rischio per i diritti degli interessati, risulta indispensabile effettuare la Dpia ai sensi dell’articolo 35 del Gdpr.

