Valutato quasi 100mila euro il danno da perdita di chances anche senza un contratto di locazione effettivamente stipulato
Il mancato godimento dell’immobile come perdita di chances
Secondo il parere del giudice, quando un locale non può essere utilizzato liberamente dal proprietario in conformità alla sua destinazione originaria a causa di infiltrazioni provenienti anche da una parte comune (come nel caso di un piazzale adibito a parcheggio e utilizzato come copertura per gli immobili sottostanti), il risarcimento per il mancato utilizzo, assimilabile al danno da perdita di opportunità, deve essere determinato equitativamente. A tale scopo, si può prendere come riferimento il canone di locazione di mercato per immobili dello stesso tipo.
L’onere della prova per il proprietario
È necessario che l’attore dimostri, anche in presenza di contestazioni specifiche, la concreta possibilità di godimento persa e la destinazione effettiva dell’immobile, in modo da individuare il canone di riferimento. La destinazione d’uso commerciale, se supportata da prove testimoniali, permette di quantificare il danno anche in assenza di un contratto di locazione formalmente concluso. Il calcolo del canone mensile (non percepito o potenzialmente perso) deve partire dal momento in cui è stata accertata l’insalubrità o l’inutilizzabilità dei locali e proseguire fino al termine della condotta antigiuridica responsabile della situazione.
L’insalubrità dei locali
Nel caso in esame, una società aveva acquistato alcuni immobili situati all’interno di un complesso residenziale, con l’intento specifico di destinare parte di essi, in particolare quelli ubicati al piano seminterrato, a showroom per la propria clientela. Su questi immobili si trovava una corte in parte condominiale e in parte di proprietà di terzi, utilizzata come area per il parcheggio dei veicoli. Fin dall’inizio, tuttavia, a causa delle significative infiltrazioni di acqua piovana provenienti dal piazzale sovrastante, si erano sviluppate muffe all’interno dei locali. Questo non solo li aveva resi insalubri e inabitabili, ma aveva anche costretto la società proprietaria ad acquistare altri spazi per l’esposizione delle merci, poiché i locali erano ormai divenuti inadeguati per la destinazione originaria. Di conseguenza, avendo subito una riduzione nel pieno godimento della propria proprietà, la società aveva deciso di agire legalmente nei confronti del condominio, tra gli altri soggetti coinvolti, chiedendo che quest’ultimo fosse condannato al risarcimento dei danni, per quanto di sua responsabilità. La domanda si basava sull’assunzione del condominio come custode dell’area cortilizia ai sensi dell’articolo 2051 del Codice civile.
La decisione del Tribunale
Il giudice, attraverso la sentenza numero 1734/2025, ha accolto le argomentazioni avanzate dall’attrice nei confronti del condominio convenuto. Quest’ultimo, pur essendosi costituito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda e sollecitando la propria compagnia assicurativa a garantire la sua posizione, è stato ritenuto responsabile per i danni provocati. La decisione è stata presa sulla base delle prove testimoniali, le quali hanno confermato che gli spazi coinvolti, se fossero stati agibili, sarebbero stati destinati a un utilizzo funzionale come area di accoglienza clienti e per l’esposizione di merce. Considerando la responsabilità del condominio nella gestione dell’area soprastante ai locali danneggiati dalle infiltrazioni, il giudice ha stabilito che quest’ultimo debba risarcire l’attrice per il mancato utilizzo degli stessi.
La valutazione equitativa
Per quanto riguarda la determinazione del risarcimento, in mancanza di documentazione che potesse servire da parametro per quantificare il danno già comprovato tramite testimonianze, il Tribunale ha deciso di procedere con una valutazione equitativa. A tal fine, ha utilizzato come riferimento il canone locativo di mercato degli immobili con analoga destinazione commerciale nella medesima zona, stabilito in cinquecento euro mensili secondo quanto indicato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza numero 33645/2022). Il periodo iniziale da cui calcolare l’importo dovuto è stato fissato al momento in cui il consulente tecnico d’ufficio, nominato durante un precedente accertamento tecnico preventivo tra le stesse parti, ha rilevato il primo caso di infiltrazione, avvenuto a marzo 2018. Il termine finale per tale computo, invece, è stato individuato nel primo giorno del mese precedente (agosto 2025) rispetto alla data in cui le parti hanno presentato le conclusioni e la causa è stata trattenuta a sentenza.
L’insussistenza della prescrizione
Alla luce dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla compagnia assicurativa del condominio, il Tribunale ha chiarito che, nel caso di infiltrazioni ripetute, i termini di prescrizione iniziano nuovamente a decorrere con ogni singolo evento infiltrativo. Pertanto, come avvenuto nella situazione in esame, ogni nuovo episodio, incluso quello riscontrato nel 2022, implica la reiterazione di una condotta illecita. Di conseguenza, il diritto al risarcimento non può essere considerato prescritto. La domanda è stata quindi accolta, con la conseguente condanna del condominio al risarcimento, coperto dall’assicurazione, di 94 mila euro a favore della parte danneggiata. Di tale importo, ben 45 mila euro sono stati riconosciuti come risarcimento per il mancato godimento dei seminterrati coinvolti nelle infiltrazioni.

