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Agevolazione prima casa anche per immobili in costruzione

La Nota II bis dell’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, che regola l’agevolazione per l’acquisto della prima casa ai fini dell’imposta di registro, è applicabile anche nei casi di permuta in cui si cede un bene esistente in cambio dell’impegno a costruire una futura unità immobiliare abitativa (nota come permuta tra cosa presente e cosa futura o “cambio camere”). Questo beneficio è previsto a condizione che l’operazione abbia lo scopo di garantire all’acquirente la propria prima abitazione e che l’immobile sia effettivamente destinato a uso residenziale, rispettando i requisiti stabiliti dalla legge. Tale interpretazione è stata confermata dalla Cassazione con l’ordinanza n. 25761, pubblicata il 22 settembre 2025.

 

La vicenda processuale

Nel caso analizzato, tre privati hanno ceduto la proprietà di un immobile a una società a responsabilità limitata, con l’impegno da parte di quest’ultima di realizzare tre unità abitative. Il progetto edilizio è stato completato entro il termine di tre anni dalla registrazione dell’atto notarile. Nonostante ciò, l’Amministrazione finanziaria ha emesso un avviso di liquidazione per il recupero della maggiore imposta, ritenendo che l’agevolazione “prima casa” fosse revocabile. Tale decisione amministrativa è stata contestata e il giudice d’appello ha annullato l’avviso, considerando che la natura atipica del contratto di permuta non precludesse l’applicazione dell’agevolazione. Successivamente, l’Amministrazione ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’inapplicabilità dell’agevolazione al caso specifico, basandosi sulla differenza tra cosa presente e cosa futura.

La destinazione del bene

La Corte di Cassazione, respingendo le obiezioni sollevate dall’Amministrazione, ha ribadito un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’agevolazione “prima casa” è applicabile anche all’acquirente di un immobile in fase di costruzione, a patto che lo stesso sia destinato a uso abitativo principale e non rientri nelle categorie catastali di lusso. La conservazione del beneficio è condizionata all’ultimazione dell’immobile entro il termine di tre anni previsto dall’articolo 76, comma 2, del Dpr 131/1986, scadenza che incide sulla possibilità dell’Amministrazione di verificare il possesso dei requisiti necessari per il godimento dell’agevolazione (sentenza della Cassazione 5180/2022).

La Corte ha inoltre sottolineato la logica sottesa alla Nota II bis, che mira a favorire l’acquisto della prima abitazione. Escludere l’agevolazione nei confronti di chi acquista un immobile non ancora completato determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a chi compra un immobile già ultimato. Su questo punto si è espressa favorevolmente anche la giurisprudenza di legittimità in casi riguardanti acquirenti di fabbricati collabenti, purché suscettibili di interventi edilizi finalizzati alla trasformazione in abitazioni principali (ordinanza 3913/2025).

Dal ragionamento adottato dalla Corte si deduce che, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa, prevale la reale destinazione dell’immobile a residenza principale dell’acquirente rispetto alle condizioni materiali o procedurali dell’immobile al momento dell’acquisto. Di conseguenza, anche la permuta tramite cui si cede un bene già esistente in cambio della costruzione di una futura unità abitativa può rientrare nell’ambito della Nota II bis, purché tale operazione sia finalizzata ad assicurare la prima casa e la destinazione a residenza venga effettivamente realizzata entro i termini stabiliti dalla legge.

 

Il trasferimento di residenza

L’ordinanza 25761/2025 non ha fornito una soluzione definitiva riguardo al termine entro cui l’acquirente di un immobile in costruzione deve trasferire la propria residenza nel Comune dove si trova l’immobile per usufruire dell’agevolazione prevista. La questione è oggetto di dibattito sia in ambito dottrinale che giurisprudenziale: da un lato, la Corte di Cassazione, con la sentenza 17867/2022, ha riconosciuto applicabile anche a questa fattispecie il termine di 18 mesi a partire dalla data di acquisto per il trasferimento della residenza, equiparando l’acquisto dell’immobile in costruzione all’acquisto di un immobile già completato; dall’altro, decisioni di merito hanno adottato posizioni divergenti, dando luogo a orientamenti non uniformi.

La distinzione tra il termine di tre anni per il completamento dell’immobile e quello di 18 mesi per il trasferimento della residenza si basa sulla diversa natura degli istituti normativi coinvolti: il legislatore ha esplicitamente fissato il termine entro cui va trasferita la residenza, mentre non ha definito alcuna scadenza per la realizzazione dell’edificio. Questa differenza comporta, nei casi in cui l’immobile non risulti completato entro i 18 mesi, che il contribuente possa trovarsi nella condizione di dover trasferire la propria residenza in un altro immobile situato nello stesso Comune, con lo scopo di mantenere il beneficio fiscale. Tale questione solleva la necessità di una riflessione critica in chiave interpretativa e di un possibile intervento normativo, al fine di eliminare ambiguità applicative e prevenire eventuali disparità di trattamento.

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